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Fino all’inizio del XIX secolo uno degli edifici più famosi dell’antichità era poco più di una pittoresca rovina sepolta dalla vegetazione e circondata da costruzioni di fortuna, e la sua forma architettonica completa non era quasi mai stata studiata. La sua decadenza era iniziata nella tarda antichità in seguito a ripetuti terremoti. Prima che il Colosseo si
presentasse come una rovina archeologicamente isolata e ripulita, verso la fine del XIX secolo, l’anfiteatro era stato un sito monumentale riutilizzato in vari modi, riadattato in alcune parti per altri scopi o demolito per recuperare materiali da costruzione fin dal declino dell’antica civiltà romana. Nel Medioevo le volte e gli archi rimasti furono trasformati in stanze, negozi e botteghe, o addirittura in residenze della potente famiglia aristocratica romana dei Frangipane. I muri rimanenti delle gradinate e delle sottostrutture furono sepolti da macerie, ampliamenti, piante e cespugli.
Ciò nonostante, un’immagine idealizzata dell’edificio era sopravvissuta nei secoli, con ricostruzioni più o meno fantasiose del Colosseo che compaiono in
monete e mappe cittadine, in trattati di architettura e in guide illustrate dell’Urbe.
Il Grand Tour nel XVIII secolo riconobbe finalmente nelle mura in rovina un paesaggio arcadico, che traspose in una propria antichità ideale grazie alla
rigogliosa crescita di piante sulle rovine. All’inizio del XIX secolo la movimentata storia del Colosseo e il suo immaginario cedettero il passo a un’indagine architettonica scientifica dell’edificio. Sotto Napoleone furono intrapresi scavi su larga scala,
nell’ambito dei quali entrò in scena un architetto svizzero, la cui scoperta della posizione e della sottostruttura dell’arena avrebbe dato vita a uno dei più accesi dibattiti scientifici del secolo che coinvolse i più illustri antiquari, tra cui Carlo Fea e Antonio Nibby.
In Canton Ticino, oltre che presso l’Archivio di Stato di Bellinzona, anche nella Biblioteca dell’Accademia
sono conservati materiali grafici, con riproduzioni a stampa e tracce autografe, legati alle attività di
scavo svolte dall’architetto svizzero Pietro Bianchi presso il Colosseo.
Tra quei materiali sono di particolare interesse rare vedute degli interni dell’anfiteatro, a quanto sembra
inedite, che hanno dato origine a una serie di riflessioni sulle circostanze della loro produzione e sui motivi della loro apparente mancata diffusione
e divulgazione.
La collezione grafica in mostra
Il dibattito sulla forma del Colosseo tra architetti e archeologi nelle opere di Pietro Bianchi, Bartolomeo Pinelli, Francesco Piranesi, Luigi Rossini e altri
17 aprile 2024 - 12 luglio 2024
- Documenti
In occasione dell’80° compleanno
di Mario Botta, la Biblioteca
dell’Accademia di architettura
dedica al fondatore dell’Accademia
di Mendrisio un’intima
esposizione con una serie di
fotografie realizzate negli anni
da Enrico Cano, fotografo comasco,
che dal 1990 ha documentato
nei diversi contesti il
percorso professionale di Mario
Botta, uno dei massimi architetti
dei nostri tempi.
La scelta delle immagini, fatta tra i tanti scatti realizzati con sensibilità ed attenzione da Cano, intende restituire un percorso per evocare solo alcune delle innumerevoli opere realizzate nel mondo da Mario Botta, a testimoniare della poetica e della sapienza costruttiva del grande maestro ticinese.
Caro Mario,
con grande affetto, auguri!
Mostra a cura di
La scelta delle immagini, fatta tra i tanti scatti realizzati con sensibilità ed attenzione da Cano, intende restituire un percorso per evocare solo alcune delle innumerevoli opere realizzate nel mondo da Mario Botta, a testimoniare della poetica e della sapienza costruttiva del grande maestro ticinese.
Caro Mario,
con grande affetto, auguri!
Mostra a cura di
- Enrico Cano
- Alberto Canepa
- Marco Della Torre
- Stefania Murer
- Angela Windholz e
- Alice Gagliano
- Emma Rabolini
Arte = Azione
Materiali dall’Archivio della Galleria Flaviana
Nel 2021 la Biblioteca dell’Accademia di architettura ha ricevuto in dono la biblioteca e l’archivio della Galleria Flaviana di Locarno, fondata da Rinaldo e Ines Bianda, artisti e attivisti di numerosi progetti culturali e politici nel Ticino dei movimentati anni ’60-‘80. Un lascito ancora più significativo perché completa la donazione fatta al MASI dell’archivio del VideoArt Festival, di un’estensione della galleria, garantendo la salvaguardia della memoria di un’iniziativa riformatrice condotta nello spirito futuristico del Monte Verità. La mostra propone una selezione di documenti, attraverso i quali si vuole offrire uno sguardo ispiratore su un archivio di una galleria d’arte, come fonte originale per lo studio della storia dell’arte contemporanea. La documentazione contiene importanti informazioni sulle posizioni artistiche, sullo sviluppo di tendenze e sulla percezione di un’arte vissuta come provocazione nel Ticino dell’epoca. Scambi epistolari con artisti e con gallerie europee, scritti di artisti e di critici, bozzetti di progetti, esperimenti artistici, quotazioni di opere e relazioni sulle reazioni del pubblico, si affiancano alla produzione di materiali promozionali, ai cataloghi, alle fotografie e alla rassegna stampa che raccontano pubblicamente l’attività espositiva. Con innumerevoli iniziative sperimentali la Galleria Flaviana raccoglieva come in uno specchio concavo le più avanzate tendenze artistiche internazionali, mirando a “un percorso espositivo di ricerca e di scoperta con uno sguardo sempre rivolto al domani”.
Mostra a cura di
Sabato 25 marzo 2023 ore 15.00
Visita guidata in occasione del Biblio Weekend
Materiali dall’Archivio della Galleria Flaviana
Nel 2021 la Biblioteca dell’Accademia di architettura ha ricevuto in dono la biblioteca e l’archivio della Galleria Flaviana di Locarno, fondata da Rinaldo e Ines Bianda, artisti e attivisti di numerosi progetti culturali e politici nel Ticino dei movimentati anni ’60-‘80. Un lascito ancora più significativo perché completa la donazione fatta al MASI dell’archivio del VideoArt Festival, di un’estensione della galleria, garantendo la salvaguardia della memoria di un’iniziativa riformatrice condotta nello spirito futuristico del Monte Verità. La mostra propone una selezione di documenti, attraverso i quali si vuole offrire uno sguardo ispiratore su un archivio di una galleria d’arte, come fonte originale per lo studio della storia dell’arte contemporanea. La documentazione contiene importanti informazioni sulle posizioni artistiche, sullo sviluppo di tendenze e sulla percezione di un’arte vissuta come provocazione nel Ticino dell’epoca. Scambi epistolari con artisti e con gallerie europee, scritti di artisti e di critici, bozzetti di progetti, esperimenti artistici, quotazioni di opere e relazioni sulle reazioni del pubblico, si affiancano alla produzione di materiali promozionali, ai cataloghi, alle fotografie e alla rassegna stampa che raccontano pubblicamente l’attività espositiva. Con innumerevoli iniziative sperimentali la Galleria Flaviana raccoglieva come in uno specchio concavo le più avanzate tendenze artistiche internazionali, mirando a “un percorso espositivo di ricerca e di scoperta con uno sguardo sempre rivolto al domani”.
Mostra a cura di
- Angela Windholz
- Elisabetta Zonca
Sabato 25 marzo 2023 ore 15.00
Visita guidata in occasione del Biblio Weekend
Arte = Azione
Materiali dall’Archivio della Galleria Flaviana
7 marzo 2023 - 21 luglio 2023
- Documenti
Questa raccolta di schizzi è parte integrante di una serie di chiacchierate avvenute circa vent’anni fa. Oscar Niemeyer è seduto al tavolo del suo studio di Rio de Janeiro, la spiaggia di Copacabana si apre a perdita d’occhio sullo sfondo, e al suo fianco c’è un giovane architetto venuto dalla Svizzera per lavorare lì. L’intenzione di Niemeyer è introdurre il lavoro dello studio, parlare di “progetto” nel senso più vero e proprio del termine, rivelare la complessità di un pensiero costruito con passione e impegno. Niemeyer parla, scruta, disegna e ogni singolo elemento concorre alla costruzione del suo racconto al contempo intimo e universale: una serie di progetti, realizzati e non, si susseguono secondo un ordine temporale e spaziale dettato dall’incedere del discorso stesso, s’intrecciano all’evocazione di intensi momenti di vita, lambiscono i fondamenti dell’essere uomini e del fare architettura. Voce e mano viaggiano all’unisono, Niemeyer si protende sugli ampi fogli di carta da schizzo con la stessa generosità con cui parla. La voce è profonda e coinvolgente, i tratti del pennarello nero sono precisi ed eleganti. Sono passati molti anni e gli schizzi sono ancora perfetti, l’inchiostro nero non ha temuto il tempo; il ricordo delle parole esatte pronunciate, invece, si è naturalmente sbiadito, nonostante il loro senso sia sempre indelebile. A dieci anni dalla scomparsa di Niemeyer, questa piccola mostra curata e allestita da Sidi Vanetti, Vincenzo Tuccillo e Martino Pedrozzi rappresenta il tentativo di ricostruire l’unità sensoriale perduta di quei momenti: setacciando i tanti libri in cui il maestro brasiliano racconta i suoi progetti e si racconta, si è cercato di ridare voce a questi schizzi, seguendo il limpido filo conduttore del suo discorso di allora. Mancherebbe solo l’aroma intenso dei suoi “Mini Cigarillos”.
Mostra a cura di
Mostra a cura di
- Sidi Vanetti
- Vincenzo Tuccillo
- Martino Pedrozzi
Il tratto e la parola. Schizzi originali di Oscar Niemeyer dalla collezione di Martino Pedrozzi
23 giugno 2022 - 11 novembre 2022
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Le 91 fotografie che costituiscono il Fondo Bircher rappresentano una collezione particolarmente interessante in quanto sono state raccolte tra gli anni ‘60 e ‘80 dell’Ottocento da uno dei protagonisti del folto gruppo di commercianti svizzeri in Africa, André Bircher da Küttingen, nel Canton Argovia. Le vedute storiche del Vicino Oriente, delle città, dei monumenti e dei paesaggi dell’Egitto, del Libano, della Siria, della Tunisia e della Palestina molto probabilmente furono acquistate da Bircher, uno dei maggiori mercanti d’arte antica a Il Cairo, direttamente dai fotografi stessi.
Affascina ancora oggi il contrasto tra la delicata, effimera ossidazione della gelatina d’argento nella fotografia e la resilienza di monumenti millenari: un contrasto che alla fine si inverte visto che le fotografie risultano testimonianze quasi più durevoli dello stato originale di alcuni monumenti che non si sono conservati nel tempo. Alla apparente precarietà di questa forma di rappresentazione della realtà, dobbiamo purtroppo contrapporre lo spostamento e la distruzione di alcuni siti archeologici come i templi di File e di Abu Simbel.
Le rare e fragili stampe all’albume esposte sono tutte opere di noti fotografi, tra cui Pascal Sébah, Wilhelm Hammerschmidt, Antonio Beato, Felix Bonfils, i Fratelli Zangaki e Gabriel Lékégian, le cui biografie sono ancora poco conosciute al grande pubblico. Essi avviarono le loro attività in Egitto dalla metà del XIX secolo vendendo stampe fotografiche ai viaggiatori del Grand Tour, a imprenditori e uomini d’affari o agli esploratori come ricordi dei loro viaggi. I nomi citati possono essere considerati i membri della seconda generazione di fotografi attivi in Egitto che risiedevano permanentemente nel paese dove operarono per decenni, insediando i loro negozi nelle vie commerciali di piccole e grandi città, come Luxor, Port Said, Tunisi, e Il Cairo.
Mostra a cura di
Vetrina bibliografica
Grafica
Il restauro e la digitalizzazione delle fotografie della collezione Bircher sono stati effettuati con il sostegno di Memoriav
Affascina ancora oggi il contrasto tra la delicata, effimera ossidazione della gelatina d’argento nella fotografia e la resilienza di monumenti millenari: un contrasto che alla fine si inverte visto che le fotografie risultano testimonianze quasi più durevoli dello stato originale di alcuni monumenti che non si sono conservati nel tempo. Alla apparente precarietà di questa forma di rappresentazione della realtà, dobbiamo purtroppo contrapporre lo spostamento e la distruzione di alcuni siti archeologici come i templi di File e di Abu Simbel.
Le rare e fragili stampe all’albume esposte sono tutte opere di noti fotografi, tra cui Pascal Sébah, Wilhelm Hammerschmidt, Antonio Beato, Felix Bonfils, i Fratelli Zangaki e Gabriel Lékégian, le cui biografie sono ancora poco conosciute al grande pubblico. Essi avviarono le loro attività in Egitto dalla metà del XIX secolo vendendo stampe fotografiche ai viaggiatori del Grand Tour, a imprenditori e uomini d’affari o agli esploratori come ricordi dei loro viaggi. I nomi citati possono essere considerati i membri della seconda generazione di fotografi attivi in Egitto che risiedevano permanentemente nel paese dove operarono per decenni, insediando i loro negozi nelle vie commerciali di piccole e grandi città, come Luxor, Port Said, Tunisi, e Il Cairo.
Mostra a cura di
- Angela Windholz
- Elisabetta Zonca
Vetrina bibliografica
- Silvio Bindella
Grafica
- Alberto Canepa
Il restauro e la digitalizzazione delle fotografie della collezione Bircher sono stati effettuati con il sostegno di Memoriav
Ricordi d’Egitto. Un raro fondo fotografico del mercante (d’arte) André Bircher a Il Cairo
8 marzo 2022 - 23 aprile 2022
- Documenti
A inizio 2021 la Biblioteca dell’Accademia di architettura si è trasferita nella nuova prestigiosa sede di Palazzo Turconi: questa è l’occasione per rileggerne la storia e per rivolgere uno sguardo all’eredità artistica del luogo. L’edificio, oggi comunemente chiamato “Palazzo Turconi”, fu ideato in origine come ospizio per i poveri grazie alle disposizioni testamentarie lasciate per iscritto a Parigi nel 1803 dal Conte Alfonso Maria Turconi ma costruito solo a metà dell’800, su progetto dell’architetto neoclassico Luigi Fontana, originario di Muggio. Inaugurato nel 1860 per un secolo svolse la funzione di Ospedale Cantonale per il Mendrisiotto.
Nel corso dell‘800 e del ‘900 l’Ente fu oggetto di importanti atti di beneficenza da parte di famiglie benestanti della regione a cui la dirigenza dell’epoca fece erigere una serie di monumenti commemorativi dai migliori artisti locali. Oltre a garantire le cure mediche alla popolazione l’ospedale divenne via via un luogo privilegiato per le commemorazioni dell’impegno sociale e civile dei cittadini meritevoli. A partire dal 1996 l’edificio è stato destinato a sede dell’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana e solo da allora porta il nome del conte Alfonso Maria Turconi (Milano 1738 – Parigi 1805).
La mostra illustra, con documenti originali e disegni inediti, sia la vita di Alfonso Turconi sia il progetto e il cantiere dell’ospedale realizzati sotto la direzione di Luigi Fontana. Viene inoltre rivalutato l’insieme dei monumenti e delle opere d’arte conservati all’interno del Palazzo Turconi. Queste opere sono cadute nell’oblio per diversi anni perché l’edificio è stato utilizzato nel tempo per funzioni differenti: prima come ospedale e in seguito come spazio didattico per gli atelier di progettazione dell’Accademia. Oggi, diventata sede della Biblioteca dell’Accademia di architettura, il Palazzo Turconi ritorna a essere di nuovo un luogo pubblico, ovvero un luogo dedicato alla ricerca scientifica e rivolto al futuro, come un tempo lo fu l’ospedale della Beata Vergine.
Mostra a cura di
Grafica
Vetrina bibliografica
Prestiti
Ringraziamenti
Nel corso dell‘800 e del ‘900 l’Ente fu oggetto di importanti atti di beneficenza da parte di famiglie benestanti della regione a cui la dirigenza dell’epoca fece erigere una serie di monumenti commemorativi dai migliori artisti locali. Oltre a garantire le cure mediche alla popolazione l’ospedale divenne via via un luogo privilegiato per le commemorazioni dell’impegno sociale e civile dei cittadini meritevoli. A partire dal 1996 l’edificio è stato destinato a sede dell’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana e solo da allora porta il nome del conte Alfonso Maria Turconi (Milano 1738 – Parigi 1805).
La mostra illustra, con documenti originali e disegni inediti, sia la vita di Alfonso Turconi sia il progetto e il cantiere dell’ospedale realizzati sotto la direzione di Luigi Fontana. Viene inoltre rivalutato l’insieme dei monumenti e delle opere d’arte conservati all’interno del Palazzo Turconi. Queste opere sono cadute nell’oblio per diversi anni perché l’edificio è stato utilizzato nel tempo per funzioni differenti: prima come ospedale e in seguito come spazio didattico per gli atelier di progettazione dell’Accademia. Oggi, diventata sede della Biblioteca dell’Accademia di architettura, il Palazzo Turconi ritorna a essere di nuovo un luogo pubblico, ovvero un luogo dedicato alla ricerca scientifica e rivolto al futuro, come un tempo lo fu l’ospedale della Beata Vergine.
Mostra a cura di
- Angela Windholz
Grafica
- Alberto Canepa
Vetrina bibliografica
- Francesca Ambrosio Resciniti
- Michele Mogliazzi
Prestiti
- Archivio Storico Comunale, Mendrisio
- Archivio di Stato, Bellinzona
- Biblioteca Salita dei Frati, Lugano
- Biblioteca Cantonale, La Filanda, Mendrisio
- Ospedale Regionale Beata Vergine, Mendrisio
- Pinacoteca Züst, Rancate, Mendrisio
Ringraziamenti
- Carlo Agliati
- Mariangela Agliati Ruggia
- Emily Arrigno
- Annamaria Bergomi Mercolli
- Alessandra Brambilla
- Morwana Cereghetti
- Brenno Leoni
- Pierluigi Lurà
- Claudio Mercolli
- Nicoletta Ossanna Cavadini
- Luciana Pedroia
- Tamara Robbiani
- Urs Voegeli
Da ospedale
a biblioteca.
La storia del legato
Turconi
8 giugno 2021 - 8 ottobre 2021
- Documenti
L’esposizione si basa su una selezione di fotografie scattate a Parigi durante e dopo gli scontri avvenuti dal 21 al 28 maggio 1871, la cosiddetta semaine sanglante, settimana sanguinosa. I fotografi documentarono l’impatto delle distruzioni, l’effetto dei roghi e degli atti vandalici perpetrati dai Comunardi che, nel corso del conflitto con le truppe di Versailles, distrussero deliberatamente i luoghi del potere. Sulle rovine ancora fumanti della città si riversò un’armata di fotografi: “les artilleurs du collodion qui dirigent leurs batteries sur les gravats accumulés par le règne des communards.” Solo la fotografia si dimostrava infatti in grado di fissare la dimensione globale del momento fuggente del disastro.
L’esposizione propone sia un'indagine sulla relazione tra fotografia e rivoluzione, cogliendo l’attrazione dei fotografi per i monumenti in rovina, che una riflessione sull’aggressione nei confronti dei simboli architettonici del potere, portatori di memoria ed espressione dell’egemonia delle forze monarchiche e conservatrici. I materiali esposti provengono dalle collezioni speciali della Biblioteca dell’Accademia di architettura.
Esposizione a cura di
Angela Windholz
Vetrina bibliografica a cura di
Michele Mogliazzi
Esposizione fotografica nell’ambito della
Bi11 “CRASH”
Biennale dell’immagine
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L’esposizione propone sia un'indagine sulla relazione tra fotografia e rivoluzione, cogliendo l’attrazione dei fotografi per i monumenti in rovina, che una riflessione sull’aggressione nei confronti dei simboli architettonici del potere, portatori di memoria ed espressione dell’egemonia delle forze monarchiche e conservatrici. I materiali esposti provengono dalle collezioni speciali della Biblioteca dell’Accademia di architettura.
Esposizione a cura di
Angela Windholz
Vetrina bibliografica a cura di
Michele Mogliazzi
Esposizione fotografica nell’ambito della
Bi11 “CRASH”
Biennale dell’immagine
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Fotografare l'ira.
Le distruzioni di Parigi durante la Comune del 1871
9 ottobre 2019 - 8 aprile 2020
- Documenti
Nel 1886 veniva bandito il Concorso internazionale per il rifacimento della facciata del Duomo di Milano. Nonostante tra il 1807 e 1813, per volere di Napoleone, si fosse risolto quel cantiere secolare avviatosi sin dalla fine del XIV secolo con la messa in opera del progetto di Carlo Amati e Giuseppe Zanoia, all’indomani dell’Unità d’Italia sembrava urgente ritrovare un linguaggio gotico più consono al carattere originale dell’edificio.
Grazie ai materiali e alla documentazione raccolti dai membri della giuria del concorso – oggi conservati nei preziosi fondi Guidini, Beltrami e L’Archivolto custoditi dalla Biblioteca dell’Accademia di architettura – è possibile venire a conoscenza delle pratiche di organizzazione di un concorso del tardo Ottocento così come degli strumenti allora adottati per la valutazione dei progetti presentati. Se da un lato quei materiali di studio sono stati utili a giuria e architetti dell’epoca per valutare l’originalità dei progetti in gara, dall’altro oggi ci permettono di ripercorrere la ricezione del Gotico nei vari periodi storici e dunque le variazioni del gusto tra classicismo, cultura barocca ed ecclettismo.
Fotografie, disegni, rilievi, modelli e relazioni furono fondamentali per arrivare a un giudizio conclusivo il più scientifico possibile. I documenti ora esposti presso la Biblioteca dell’Accademia intendono svelare i meccanismi sottesi al lavoro di ricostruzione e analisi storica proprio della cultura fin de siècle.
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Grazie ai materiali e alla documentazione raccolti dai membri della giuria del concorso – oggi conservati nei preziosi fondi Guidini, Beltrami e L’Archivolto custoditi dalla Biblioteca dell’Accademia di architettura – è possibile venire a conoscenza delle pratiche di organizzazione di un concorso del tardo Ottocento così come degli strumenti allora adottati per la valutazione dei progetti presentati. Se da un lato quei materiali di studio sono stati utili a giuria e architetti dell’epoca per valutare l’originalità dei progetti in gara, dall’altro oggi ci permettono di ripercorrere la ricezione del Gotico nei vari periodi storici e dunque le variazioni del gusto tra classicismo, cultura barocca ed ecclettismo.
Fotografie, disegni, rilievi, modelli e relazioni furono fondamentali per arrivare a un giudizio conclusivo il più scientifico possibile. I documenti ora esposti presso la Biblioteca dell’Accademia intendono svelare i meccanismi sottesi al lavoro di ricostruzione e analisi storica proprio della cultura fin de siècle.
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Quale Gotico per Milano?
I materiali della giuria per il concorso della facciata del
Duomo (1886−1888)
27 febbraio 2019 - 19 luglio 2019
- Documenti
I noti contributi di André Corboz (1928-2012) alla storia dell’urbanistica e all’analisi dell’attuale realtà urbana si muovono tra storia dell’arte e storia dell’architettura. In un periodo definito meno dal neostoricismo urbanistico che dalla riflessione critica sulla modernità, egli coniò espressioni quali “ipercittà” e “territorio come palinsesto”. Sebbene Corboz abbia assistito al cambiamento culturale associato al postmodernismo, non fu tra i protagonisti di questo dibattito, eccetto forse riguardo al tema della tutela urbana e storica. Con l’introduzione del concetto di “rianimazione” nella propria riflessione, Corboz divenne debitore di Umberto Eco e della sua idea di opera d’arte aperta. Un appassionato interesse per il progetto illuminista e per la rappresentazione di uno spazio urbano protoindustriale erano già presenti nel titolo e nella finalità del suo primo libro: Invention de Carouge. 1772–1792 (1968). Laureatosi in legge nel 1952, Corboz ebbe una tortuosa carriera accademica. Nel 1980 presentò la sua tesi dottorale su La Venise imaginaire de Canaletto all’antropologo francese Gilbert Durand e diventò il successore di Paul Hofer presso l’ETH di Zurigo.
L’esposizione mappa il “nomadismo disciplinare” (Bernardo Secchi) di uno studioso che ha navigato tra i vari campi del sapere. Ora è possibile, presso l’Accademia di architettura, seguire le traiettorie intellet- tuali delle sue ricerche e approfondirne gli specifici contesti tematici. Il completamento, nel 2017, della catalogazione dei 23’757 libri appartenenti al Fondo Corboz, conservati rispettando l’ordinamento della sua biblioteca personale, arricchisce il patrimonio della Biblioteca dell’Accademia aprendo agli studiosi nuove prospettive di indagine. Inoltre la cospicua documentazione conservata a Palazzo Turconi include materiali di lavoro privati che testimoniano una carriera durata mezzo secolo. L’archivio iconografico, costituito da 43’371 diapositive e 28’291 cartoline, rivela un Corboz esperto fotografo. L’esposizione illustra come i viaggi e la fotografia hanno stimolato una creatività intellettuale che ha portato a una straordinaria interpretazione dello spazio.
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L’esposizione mappa il “nomadismo disciplinare” (Bernardo Secchi) di uno studioso che ha navigato tra i vari campi del sapere. Ora è possibile, presso l’Accademia di architettura, seguire le traiettorie intellet- tuali delle sue ricerche e approfondirne gli specifici contesti tematici. Il completamento, nel 2017, della catalogazione dei 23’757 libri appartenenti al Fondo Corboz, conservati rispettando l’ordinamento della sua biblioteca personale, arricchisce il patrimonio della Biblioteca dell’Accademia aprendo agli studiosi nuove prospettive di indagine. Inoltre la cospicua documentazione conservata a Palazzo Turconi include materiali di lavoro privati che testimoniano una carriera durata mezzo secolo. L’archivio iconografico, costituito da 43’371 diapositive e 28’291 cartoline, rivela un Corboz esperto fotografo. L’esposizione illustra come i viaggi e la fotografia hanno stimolato una creatività intellettuale che ha portato a una straordinaria interpretazione dello spazio.
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Between invention and imagination:
André Corboz and the territory as palimpsest
27 aprile 2018 - 2 novembre 2018
- Documenti
A partire dagli anni Settanta-Ottanta le grandi città incominciano ad essere via via intasate dal traffico degli automezzi privati. Le soluzioni che a quell’epoca venivano proposte in termini di miglioramento della percorribilità, prendevano in considerazione quasi esclusivamente l’aumento della possibile portata delle vie di collegamento veloce, aggiungendo dunque alle arterie stradali esistenti una rete di tangenziali, sopraelevate e viadotti. Le foto storiche in mostra raccontano della costruzione di gigantesche infrastrutture e con esse dei progressivi e profondi mutamenti degli spazi urbani e dei loro assetti morfologici originari. L’apparato iconografico, le gigantografie, alcuni brevi filmati e una sezione bibliografica sono stati scelti con l’intento di dimostrare quali profondi cambiamenti possono subire le consuetudini in termini relazionali e di mobilità e dunque la qualità della vita degli abitanti, generando spesso e volentieri situazioni ambientali critiche, di divisione e di disagio sociale. Le fotografie dedicate ai cantieri delle sopraelevate che vennero costruite in Italia a Cosenza, Pescara, Genova e Napoli, della tangenziale di Milano e dei viadotti Fichera, Gela e Pontebba, custodite presso la Biblioteca dell’Accademia di architettura, provengono dal fondo della IN.CO. S.p.A., ditta che, sotto la direzione dell’ingegnere Silvano Zorzi, ha realizzato tra le più importanti e onerose infrastrutture viarie in Italia fino agli anni Novanta.
Gli scatti in mostra sono frutto del lavoro di alcune rinomate agenzie fotografiche dell’epoca: Guglielmo Chiolini-Pavia; Angelo Lauriola-Roma; le agenzie Publifoto-Genova e Palermo; Foto Attualità di E. Ceolin e R. Sartori-Treviso; Foto Rinaldo Bovio-Genova.
Mostra fotografica Tangenziali, sopraelevate e viadotti nell’ambito della Bi10 Biennale dell’immagine
a cura di
Angela Windholz e Sabina Walder
vetrina bibliografica a cura di
Michele Mogliazzi
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Gli scatti in mostra sono frutto del lavoro di alcune rinomate agenzie fotografiche dell’epoca: Guglielmo Chiolini-Pavia; Angelo Lauriola-Roma; le agenzie Publifoto-Genova e Palermo; Foto Attualità di E. Ceolin e R. Sartori-Treviso; Foto Rinaldo Bovio-Genova.
Mostra fotografica Tangenziali, sopraelevate e viadotti nell’ambito della Bi10 Biennale dell’immagine
a cura di
Angela Windholz e Sabina Walder
vetrina bibliografica a cura di
Michele Mogliazzi
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Borderlines
Città divise/Città plurali.
Tangenziali, sopraelevate e viadotti
10 ottobre 2017 - 14 aprile 2018
- Documenti
L’Accademia di architettura di Mendrisio ha ricevuto in donazione nel 2013 l’archivio fotografico della società IN.CO. Ingegneri Consulenti S.p.A. Il fondo conta circa 6000 fotografie in bianco/nero e a colori e costituisce un’importante testimonianza delle innovazioni costruttive e delle tecniche di messa in opera delle infrastrutture su scala mondiale nell’arco temporale tra il 1950 e il 1990.
L’Archilettura proposta dalla Biblioteca in collaborazione con la Cattedra di strutture si riferisce anche alla metodologia didattica dell’Accademia di architettura di Mendrisio proponendo l’analisi e la messa a confronto per elementi costitutivi di più manufatti progettati dalla società italiana sotto la guida dell’ingegner Silvano Zorzi (1921–1994).
Le tavole esposte si focalizzano sulle specifiche dei materiali e delle tipologie di messa in opera, sulle fondazioni, sui pilastri e sugli impalcati delle diverse strutture presenti nell’archivio (ponti, viadotti, dighe, opere portuali, linee ferroviarie, metropolitane, grandi edifici civili ed industriali) al fine di evidenziare l’abilità creativa dell’ingegner Zorzi e riconoscere l’importanza e l’impatto dell’infrastruttura sul territorio.
Mostra a cura di: Valeria Francesca Gozzi, Mario Monotti, Sabina Walder e Angela Windholz
Didascalie e disegni a cura di: Carlo Calderini
Vetrina bibliografica a cura di: Michele Mogliazzi
Si ringrazia: Luisa Sutto
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L’Archilettura proposta dalla Biblioteca in collaborazione con la Cattedra di strutture si riferisce anche alla metodologia didattica dell’Accademia di architettura di Mendrisio proponendo l’analisi e la messa a confronto per elementi costitutivi di più manufatti progettati dalla società italiana sotto la guida dell’ingegner Silvano Zorzi (1921–1994).
Le tavole esposte si focalizzano sulle specifiche dei materiali e delle tipologie di messa in opera, sulle fondazioni, sui pilastri e sugli impalcati delle diverse strutture presenti nell’archivio (ponti, viadotti, dighe, opere portuali, linee ferroviarie, metropolitane, grandi edifici civili ed industriali) al fine di evidenziare l’abilità creativa dell’ingegner Zorzi e riconoscere l’importanza e l’impatto dell’infrastruttura sul territorio.
Mostra a cura di: Valeria Francesca Gozzi, Mario Monotti, Sabina Walder e Angela Windholz
Didascalie e disegni a cura di: Carlo Calderini
Vetrina bibliografica a cura di: Michele Mogliazzi
Si ringrazia: Luisa Sutto
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Silvano Zorzi e l’archivio fotografico della IN.CO. S.p.A.
"L’architettura delle infrastrutture"
9 maggio 2017 - 15 settembre 2017
- Documenti
Salomon Gessner (1730–1788), il poeta e artista zurighese al centro della mostra, creò con le sue poesie idilliache un vero fenomeno estetico europeo celebrando — a ridosso della rivoluzione francese e di quella industriale — un’utopia bucolica regressiva.
La felicità idealizzata di una natura paradisiaca si tradusse poi in un processo di estetizzazione nei trattati sul landscape gardening, nella moda del country life, nelle architetture dei cottages, delle ville in stile e dello chalet svizzero, sino alle tendenze della piccola casetta per il weekend in riva al lago degli anni ‘50 e al resort per il chill out della società odierna.
La mostra apre con le raffinate incisioni del 1811 di Carl Wilhelm Kolbe il Vecchio (1759–1835) che illustrano i famosi Idilli di Salomon Gessner; passa poi alle coloratissime fotocromie degli anni ’90 del XIX secolo della ditta Orell Gessner Füssli, dedicate ai pittoreschi paesaggi alpini e mediterranei; presenta a seguire le stereografie di amene mete turistiche e conclude con una scelta iconografica dedicata alle case da sogno in epoca contemporanea. Il percorso espositivo, tutto basato sui fondi speciali della biblioteca, rintraccia attraverso questi capitoli storici la ricorrenza dell’utopia di una vita arcadica e idilliaca, sino alla sue forme mondane, turistiche e architettoniche.
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La felicità idealizzata di una natura paradisiaca si tradusse poi in un processo di estetizzazione nei trattati sul landscape gardening, nella moda del country life, nelle architetture dei cottages, delle ville in stile e dello chalet svizzero, sino alle tendenze della piccola casetta per il weekend in riva al lago degli anni ‘50 e al resort per il chill out della società odierna.
La mostra apre con le raffinate incisioni del 1811 di Carl Wilhelm Kolbe il Vecchio (1759–1835) che illustrano i famosi Idilli di Salomon Gessner; passa poi alle coloratissime fotocromie degli anni ’90 del XIX secolo della ditta Orell Gessner Füssli, dedicate ai pittoreschi paesaggi alpini e mediterranei; presenta a seguire le stereografie di amene mete turistiche e conclude con una scelta iconografica dedicata alle case da sogno in epoca contemporanea. Il percorso espositivo, tutto basato sui fondi speciali della biblioteca, rintraccia attraverso questi capitoli storici la ricorrenza dell’utopia di una vita arcadica e idilliaca, sino alla sue forme mondane, turistiche e architettoniche.
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L’idillio, mutamenti di un topos
25 novembre 2015 - 22 luglio 2016
- Documenti
“...la rivista dovrà rispecchiare via via ciascun risultato, ciascun aspetto della gigantesca gara di progresso e di lavoro alla quale l’Italia fascista ha invitato tutte le genti civili. Descrivere a parte a parte l’Esposizione Universale e l’ambiente storico e attuale, in cui essa sta sorgendo, sarà quasi un ripercorrere il cammino della civiltà in ogni sua vittoriosa avanzata e riviverne le fasi in questa eccelsa fonte e sede che è l’Urbe dei millenni.”
Con queste parole, il militante nazionalista e poi fascista Luigi Federzoni, allora presidente della Reale Accademia d’Italia, saluta, dalle pagine di Civiltà, la nascita della rivista stessa, periodico che, tra il 1940 e il ‘42, avrà il compito di annunciare il significato del grandioso “Convegno delle Nazioni” che avrebbe dovuto presentare a Roma una non mai eguagliata sintesi panoramica di tutte le forme dello sviluppo spirituale, morale, economico, artistico, scientifico, tecnico della società umana in ogni epoca e in ogni paese: l’Esposizione Universale di Roma 1942, E 42.
In occasione dell’inaugurazione di EXPO 2015, la Biblioteca dell’Accademia di architettura di Mendrisio dedica una delle sue Archiletture a Civiltà, per ricostruire non solo la ricchezza di un particolare episodio editoriale ma anche la complessità e la problematicità di un preciso momento storico e culturale sullo sfondo di quella che, agli occhi del regime fascista, sarebbe dovuta divenire un “Olimpiade della Civiltà” nel momento di massimo sfarzo del nuovo impero.
La rivista è dimostrazione paradigmatica di come le arti visive e gli studi letterari assieme ad un generoso impegno culturale all’apparenza “liberale e aperto” potessero servire a promuovere gli intenti imperialistici dei regimi totalitari del XX secolo, celandone le barbarie sotto l’espressione di “civiltà”.
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Con queste parole, il militante nazionalista e poi fascista Luigi Federzoni, allora presidente della Reale Accademia d’Italia, saluta, dalle pagine di Civiltà, la nascita della rivista stessa, periodico che, tra il 1940 e il ‘42, avrà il compito di annunciare il significato del grandioso “Convegno delle Nazioni” che avrebbe dovuto presentare a Roma una non mai eguagliata sintesi panoramica di tutte le forme dello sviluppo spirituale, morale, economico, artistico, scientifico, tecnico della società umana in ogni epoca e in ogni paese: l’Esposizione Universale di Roma 1942, E 42.
In occasione dell’inaugurazione di EXPO 2015, la Biblioteca dell’Accademia di architettura di Mendrisio dedica una delle sue Archiletture a Civiltà, per ricostruire non solo la ricchezza di un particolare episodio editoriale ma anche la complessità e la problematicità di un preciso momento storico e culturale sullo sfondo di quella che, agli occhi del regime fascista, sarebbe dovuta divenire un “Olimpiade della Civiltà” nel momento di massimo sfarzo del nuovo impero.
La rivista è dimostrazione paradigmatica di come le arti visive e gli studi letterari assieme ad un generoso impegno culturale all’apparenza “liberale e aperto” potessero servire a promuovere gli intenti imperialistici dei regimi totalitari del XX secolo, celandone le barbarie sotto l’espressione di “civiltà”.
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Civiltà. La rivista per l’Esposizione Universale di Roma E 42
12 maggio 2015 - 31 ottobre 2015
- Documenti
In occasione dell’inventariazione dell’archivio di Augusto Rima la Biblioteca dell’Accademia di architettura partecipa, con una mostra di documenti storici, alla 9ª Biennale dell’Immagine organizzata dalla Galleria Cons Arc e il m.a.x. Museo di Chiasso e intitolata TRASFORMAZIONI.
Le fotografie in esposizione documentano le complesse condizioni ambientali e le sfide ingegneristiche legate alla gestione delle acque territoriali del Canton Ticino, ma anche gli squilibri ecologici creati dal boom economico e demografico della regione. Pur trattandosi di documenti di carattere tecnico costituiscono una memoria di forti impressioni sulle dinamiche di trasformazione del territorio.
Oltre all’allestimento fotografico, che si presenta come una fenomenologia visiva dell’impatto delle acque, la mostra propone la rilettura di alcuni dossier analitici dell’ingegnere: approfondimenti sulla ricerca delle cause di carattere morfologico, costruttivo e strutturale, che hanno provocato vari problemi di ordine ambientale.
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Acque, infrastrutture e memoria - Una selezione di documenti fotografici tratti dall’archivio dell’ingegner Augusto Rima di Locarno (1916-2003)
15 ottobre 2014 - 2 aprile 2015
- Documenti
In occasione dell’ArchiLettura "Gio Ponti digitale", la Biblioteca dell’Accademia desidera ricordare il ruolo culturale di Gio Ponti esponendo alcuni fascicoli di “Stile” – la rivista da lui fondata nel 1941 e diretta fino al 1947 – provenienti dalle proprie collezioni. Come mostrano le copertine esposte, disegnate da Ponti stesso, “Stile” può essere considerata un diario personale con cui l’architetto milanese ha interpretato l’Italia degli anni Quaranta attraverso la scrittura (firmata con ventidue pseudonimi diversi), il disegno, i suoi progetti e con la pubblicazione di contributi provenienti da ambiti diversi: architettura, pittura, scultura, poesia, disegno industriale, grafica, ecc. Questa piccola mostra vuole dunque essere un invito ad approfondire un momento cruciale per la cultura architettonica italiana e internazionale, ma soprattutto a esplorare e mantenere vive le collezioni della Biblioteca.
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Gio Ponti - Le copertine di 'Stile'
6 maggio 2014 - 4 ottobre 2014
- Documenti
La Biblioteca dell’Accademia presenta le opere di Wiebke Loeper, nata nel 1972 e cresciuta nell’edificio sperimentale a pareti mobili a Berlino-Est, Mollstr. 31, costruito dal padre, l’architetto Herwig Loeper.
Formatasi con Arno Fischer e Joachim Brohm alla celebre scuola fotografica dell’accademia di belle arti di Lipsia, i suoi lavori sono stati esposti in varie mostre personali e collettive a livello mondiale.
Il lavoro di Wiebke Loeper riflette sulla poetica della scomparsa dei luoghi e delle cose. Il suo procedimento sistematico e l’esatta ripetizione dei motivi in un prima e in un dopo trasmette l’inquietante trasformazione delle topografie urbane e della vita individuale e personale a Berlino.
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Formatasi con Arno Fischer e Joachim Brohm alla celebre scuola fotografica dell’accademia di belle arti di Lipsia, i suoi lavori sono stati esposti in varie mostre personali e collettive a livello mondiale.
Il lavoro di Wiebke Loeper riflette sulla poetica della scomparsa dei luoghi e delle cose. Il suo procedimento sistematico e l’esatta ripetizione dei motivi in un prima e in un dopo trasmette l’inquietante trasformazione delle topografie urbane e della vita individuale e personale a Berlino.
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- In corso
- In preparazione
- Archivio
- La collezione grafica in mostra
Il dibattito sulla forma del Colosseo tra architetti e archeologi nelle opere di Pietro Bianchi, Bartolomeo Pinelli, Francesco Piranesi, Luigi Rossini e altri - Omaggio
a Mario Botta - Arte = Azione
Materiali dall’Archivio della Galleria Flaviana - Il tratto e la parola. Schizzi originali di Oscar Niemeyer dalla collezione di Martino Pedrozzi
- Ricordi d’Egitto. Un raro fondo fotografico del mercante (d’arte) André Bircher a Il Cairo
- Da ospedale
a biblioteca.
La storia del legato
Turconi - Fotografare l'ira.
Le distruzioni di Parigi durante la Comune del 1871 - Quale Gotico per Milano?
I materiali della giuria per il concorso della facciata del
Duomo (1886−1888) - Between invention and imagination:
André Corboz and the territory as palimpsest - Borderlines
Città divise/Città plurali.
Tangenziali, sopraelevate e viadotti - Silvano Zorzi e l’archivio fotografico della IN.CO. S.p.A.
"L’architettura delle infrastrutture" - L’idillio, mutamenti di un topos
- Civiltà. La rivista per l’Esposizione Universale di Roma E 42
- Acque, infrastrutture e memoria - Una selezione di documenti fotografici tratti dall’archivio dell’ingegner Augusto Rima di Locarno (1916-2003)
- Gio Ponti - Le copertine di 'Stile'
- Wiebke Loeper
- La collezione grafica in mostra
- Immagine di sfondo
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